«Se non tagghi, non esisti!»: la compagnia Pockemon Crew, fra le più titolate al mondo nel panorama dell’hip hop, arriva al Teatro del Giglio lanciando questa provocazione. L’allusione è naturalmente ai social network, che hanno ormai un posto tanto debordante nella vita di ognuno e che ispirano al gruppo alcune interessanti riflessioni, tradotte poi in danza.
Pockemon Crew è un gruppo di danzatori guidato da Riyad Fhgani: si è formato alla fine degli anni Novanta sul piazzale davanti all’Opera di Lione, e da allora, da quell’inizio “street”, ha sempre continuato la sua ascesa. La compagnia si è infatti imposta nei maggiori contest internazionali e si esibisce in tutto il mondo riscuotendo ovunque un successo travolgente. Al Teatro del Giglio presentano il loro ultimo lavoro, “#Hashtag” in cui indagano su due argomenti che trovano molto appassionanti: l’uno legato all’universo dei “social”, l’altro relativo alla danza.
Per quanto attiene al ballo, “#Hashtag” contiene uno studio sull’origine di certi movimenti dell’hip-hop. Ma il corpo, il movimento, la coreografia possono essere strumento per tradurre il reale, e quindi ecco che ballerini e performer tradurranno in danza alcuni atteggiamenti oggi assai frequenti e legati proprio all’uso esage- rato dei telefonini e dei “social network”. Assecondando l’inven- zione del loro coreografo Riyad Fhgani, sembrano tutti impegnati in un “selfie” dell’epoca contemporanea, popolata da gente che tiene lo sguardo fisso sullo schermo dell’iphone... Lo fa quando è seduta da sola nella metro, ma – e questo è preoccupante – anche mentre cammina, mentre è seduta al caffé in compagnia, magari anche quando sta in un museo o a teatro! Perché abituarsi a ignorare qualcosa di tanto bello e mutevole come il mondo reale? I ballerini di Pockemon Crew rilevano anche l’accelerazione temporale causata dal web, raccontano la nostra ansia di essere sempre reperibili, sempre “on line”. Sul palcoscenico nudo, o aiutati da magiche proiezioni video, propongono al pubblico uno spazio emozionale insolito, adatto al loro stile di danza elastico e coinvolgente, diretto e immediato. Una danza dove ci si mostra, ci si esprime, si duella e ci si rispetta. E fanno appello ai cinque sensi dello spettatore, alla sua preziosa soggettività, fondamen- to dell’unicità della disposizione umana: per ricordare a chi è in platea (speriamo con il cellulare abbandonato nella tasca, per almeno il tempo dello show) che il mondo è popolato da persone, non da macchine controllate da altre macchine.