Fra i massimi capolavori verdiani, è caratterizzato da elementi di passione politica, rapporto conflittuale fra padri e figli, vendetta, perdono. Tratto, come “Il trovatore”, dal dramma omonimo di Antonio García Gutiérrez, e ridotto a libretto da Francesco Maria Piave, è presentato alla Fenice il 12 marzo 1857 con esito deludente. Sarà solo la tenacia dell’editore, Giulio Ricordi, a far riprendere lo spartito all’anziano compositore, grazie al fondamentale incontro con Arrigo Boito, che metterà anonimamente mano al testo. Incentrato sulla vita dell’ex corsaro Simone Boccanegra, primo doge della Repubblica di Genova, che accetta il soglio dogale per amore. Gli insuccessi alla Fenice e poi a Firenze e alla Scala nel 1859 portarono Verdi stesso a riscrivere l’opera, egli reinventò pressoché totalmente l’orchestrazione, a partire dall’introduzione, e ne rafforzò la natura dialogica. Pressoché ignorato fino alla prima metà del Novecento, Simon Boccanegra ha goduto poi di una grande riscoperta affermandosi come una delle opere in assoluto più raffinate e psicologicamente profonde.