La Stagione Lirica del Teatro del Giglio si apre nel segno di Giacomo Puccini con La bohème (25 e 27 novembre) per la regia di Marco Gandini, le scene di Italo Grassi, i costumi di Anna Biagiotti e le luci di Marco Minghetti; l’opera inaugura anche il festival Lucca Puccini Days, che fino all’8 gennaio 2017 proporrà una serie di eventi dedicati al Maestro.
Protagonista dell’opera pucciniana un cast di giovani e talentuosi artisti: Benedetta Torre (Mimì), Alessandro Scotto di Luzio (Rodolfo), Italo Proferisce (Marcello), Damiana Mizzi (Musetta), Daniel Giulianini (Schaunard), Luca Dall’Amico (Colline), Giorgio Trucco (Benoit, Parpignol), Graziano Dellavalle (Alcindoro) e Antonio Della Santa (Sergente dei Doganieri).
La direzione musicale dell'opera è affidata a Nicola Paszkowski sul podio dell’Orchestra della Toscana; il Coro della Toscana è diretto da Maurizio Preziosi, mentre Sara Matteucci guida il Coro delle Voci Bianche Teatro del Giglio e Cappella Santa Cecilia di Lucca.
Marco Gandini, regista dell'opera, afferma che «Per la rappresentazione di Bohème a Lucca, tanto importante per il luogo che ha visto Puccini stesso prendersi personalmente e assiduamente cura dell'allestimento delle sue opere, sono stati tenuti in oggetto l'analisi dettagliata delle dinamiche drammaturgiche e musicali del testo e una collocazione temporale della vicenda nell'epoca della composizione, avvicinando quindi lo status di giovani artisti a quello dell'artista Puccini a Milano».
Il progetto di Italo Grassi per questo allestimento di Bohème, spettacolo interamente costruito nei Laboratori del Teatro del Giglio, è nato dall’esigenza di rispettare e tradurre in maniera assolutamente fedele la drammaturgia con cui Giacomo Puccini ha voluto informare l’opera: se il primo e il secondo atto racchiudono le gioie, gli incanti e la spregiudicatezza della gioventù incosciente ed inconsapevole, il terzo e quarto atto segnano di contro un improvviso e doloroso cambio di passo: la schiacciante consapevolezza della caducità della vita sopraggiunge improvvisa ed inaspettata a scardinare alla base ogni possibilità di gioia futura. La soffitta dei ragazzi diviene spazio metafisico e racconta l’impossibilità di ogni azione artistica e creativa, e la spensieratezza muta di segno per diventare dolore, sofferenza, ineluttabile percorso verso la morte.