Servo di scena è uno dei più celebri testi teatrali di Ronald Harwood, che curò anche l’adattamento cinematografico dell’omonimo film di culto di Peter Yates, del 1983, interpretato da Albert Finney (premiato al Festival di Berlino) e da Tom Courtenay (cinque candidature agli Oscar). Scritto nel linguaggio affascinante tipico dello stile della commedia inglese, ambientato nella Londra del 1940, Servo di scena affronta con tono ironico le rocambolesche vicende di un’eroica e spericolata compagnia di attori e del suo vecchio capocomico, un non meglio identificato “Sir”, attore shakespeariano un tempo osannato dalle folle e dalla critica.
Anche se devastata dai bombardamenti nazisti, Londra riesce a conservare l’aplomb che l’ha sempre contraddistinta: pub, ristoranti, club restano aperti finché una bomba non li distrugge, e il teatro, tempio di Shakespeare poeta e profeta di un intero popolo, continua a vivere a dispetto della stupidità che sembra sul punto di conquistare il mondo.
Colpito da malore proprio alla vigilia della prima del Re Lear, Sir sembra sul punto di dare forfait: sarebbe la prima volta nella sua onorata, lunghissima carriera. Ma Norman, il suo fedele servo di scena, da perfetto inglese non concepisce che non si possa andare in scena: gli spettatori hanno pagato il biglietto e hanno perciò diritto allo spettacolo. Però Sir è messo male: ha dimenticato perfino quale testo dev’essere rappresentato. Comincia a vestirsi da Otello, poi si mette a recitare il Macbeth. Infine sembra rientrare in carreggiata, ma poi se la prende con la moglie, Milady, una Cordelia decisamente troppo grassa, e perfino con l’ennesimo bombardamento nazista, che scambia per l’effetto-temporale giunto però troppo presto. Dopo numerosi, esilaranti contrattempi, Sir si sente di nuovo male e, al termine dello spettacolo, mentre tutti gli altri attori se ne vanno a casa, solo il buon Norman, il servo di scena, lo assiste. Sir, sentendo di essere in punto di morte, gli consegna la propria autobiografia, un testamento spirituale in cui ringrazia e loda tutti i membri della sua compagnia, uno per uno, tranne il suo servo di scena. Chissà perché, si è dimenticato proprio di lui.
Omaggio all’Inghilterra e a Shakespeare, lo spettacolo è soprattutto un inno al teatro, alla sua capacità di resistere in tempi difficili, alla sua insostituibilità. Nella figura del servo Norman trapela la ragione profonda della sua forza: il teatro è invincibile perché non ha padroni, non cerca ricompense, è invincibile perché la ragione profonda della sua esistenza sta nella sua gratuità. Ed è il servo di scena che sa pronunciare le parole più importanti e profonde, con ironia, senza perdere il sorriso.