Cristina Mazzavillani Muti, in una recente lettera indirizzata alla direzione del Teatro del Giglio, parla del suo amore per la musica di Giacomo Puccini e del suo nuovo spettacolo, Così muore Mimì, che presenterà in esclusiva al Giglio nell’ambito della terza edizione del festival Lucca Puccini Days firmando progetto, regia, scene e costumi: «Attraverso la musica sempre oltremodo contemporanea di Puccini è possibile infrangere i confini in cui generalmente la si contiene: si può sognare di spingersi oltre il naturale palcoscenico operistico, e avere l’audacia di lasciarsi trasportare da questa musica, con tutta la sua poesia, la sua commozione, il suo urlo, la sua ironia». Prende quindi le mosse dalla Bohème questa rivisitazione dell’opera pucciniana, trasportando l’eterna storia d’amore di Mimì e Rodolfo e dei loro scapigliati e squattrinati amici nella Parigi di oggi (come recita il sottotitolo). Sul palcoscenico lucchese questa rivisitazione musicale del capolavoro pucciniano per ensemble e voci di Simone Zanchini, su testi di Franco Costantini, fonde canto, musica dal vivo, recitazione e danza per creare un unico, affascinante affresco che mantiene inalterata tutta la poesia dell’originale, con il sapore della gioventù, dell’amore, del dolore e del rimpianto per le speranze perdute.
Il progetto per Così muore Mimì è stato costruito da Cristina Mazzavillani Muti a partire dalle suggestioni suscitate dall’apparizione di Musetta nell’ultimo quadro de La bohème, che interrompe lo sconquassato gioco di Marcello, Rodolfo, Colline e Schaunard (Un di noi qui si sbudella / apprestate una barella / apprestate un cimiter / mentre incalza la tenzone /gira e balza Rigadone) ed è la chiave di volta, il momento inevitabile sul quale si struttura lo spettacolo: «L’arrivo di Musetta, che sappiamo seguita da Mimì ormai morente, risuona come un colpo di fucile nel grido di Marcello che l’accompagna. Ma forse non è che l’esplosione di una bomba ad orologeria, che aveva cominciato a irrompere fin dai primi momenti sulla scena, da quella prima apparizione di Mimì sulle scale, da quella candela spenta, da quel respiro affannoso. Una conclusione che rompe tempo e spazio, eppure è stata preparata ad arte proprio da quella danza sempre più parossistica che si stringe di cerchio in cerchio attorno alle parole sangue, sbudella, barella, cimiter, così da gran guignolesca diviene macabra preveggenza».